Questa tua vita che stai vivendo, non è soltanto un pezzo isolato dell’intera vita, ma in un certo senso essa è il Tutto; soltanto che questo tutto non è fatto in modo da poter essere abbracciato in un singolo colpo d'occhio. Questo, come sappiamo, è ciò che i bramini affermano in quella sacra, mistica formula che è tuttora davvero così semplice e chiara: tat tvam asi, “questo sei tu”. O, ancora, in parole quali: “Io sono a est e a ovest, io sono sopra e sotto, io sono questo intero mondo”. Con queste parole Erwin Schroedinger, il padre della meccanica quantistica, uno dei più acuti fisici teorici del ‘900, in un saggio illuminante sul tema del Che cosa è la vita? (1944) individuava il senso più recondito dell’esistenza delle cose in quel codice di regole programmato geneticamente in ogni singola molecola del vivente. E’ grazie a questo codice trasmesso dall’evoluzione che la molecola resiste all’inerzia necessaria del caos che la circonda, cioè alla morte: grazie ad esso la molecola si aggrega ordinatamente ad altre molecole per costituirsi in un insieme di vita ordinata. Ed è sempre grazie a questa “scrittura interna” che ogni particella vivente in sé contiene l’ordine del Tutto. Nell’affermare ciò, Schroedinger si riallacciava alle teorie dell’Uno e del Molteplice, condivise da varie culture filosofiche antiche come l’indiana e il neoplatonismo. La pittura di Sergio Pausig, non diversamente dalle parole di Schroedinger, ma con un linguaggio visivo denso di immaginifica meraviglia, ci conduce direttamente alle soglie della sorgente della Vita e del Tutto. La creazione artistica è, infatti, un miracolo che riesce a farci intuire e a farci immaginare cose che ancora non conosciamo o che non contempliamo direttamente. In un’atmosfera sospesa, senza tempo, un tempo che non è ancora né passato né futuro perché è il tempo stesso della creazione (ovvero dell’Origine), le figure accennano a muoversi, staccandosi dallo sfondo per andare incontro alla loro esistenza. Esse palpitano su sfondi colorati ma soffusi, come in un’alba perenne della Vita che è appena sorta e che aspetta che la forma delle figure si delinei, si compia definitivamente.

Si comprende come le numerose figure plantiformi che appaiono nei dipinti di Pausig non stiano aspettando altro che ciascuna la propria Metamorfosi, quella che è stata determinata, che è stata scritta ab origine nel libro della Vita per lei e solo per lei, affinché in lei l’Ordine resista al Caos. Un microcosmo organico ci viene dunque incontro guardando i dipinti di Pausig, e richiama l’esistenza del Tutto: come avviene ad esempio nell’Albero della vita, immaginifico dittico che rinvia al tema caro alla millenaria cultura ebraica, quello dell’Universo e delle sue leggi che trionfano anche nell’intelletto umano capace di comprenderle e di rappresentarle. Si potrebbe affermare, con una provocazione, che Pausig sia un “paesaggista”: solo che egli non rappresenta paesaggi conosciuti, bensì paesaggi arcaicissimi. I paesaggi di Pausig, infatti, leggono la realtà di un mondo originario, privo ancora della visione logocentrica dell’Uomo, vedono la realtà microscopica della Vita nascente, raccontano l’origine delle cose, ci comunicano l’emozione di assistere a quel miracolo che è l’esistere e che ancora si ripete in noi in ogni istante; perché noi siamo fatti di quello stesso miracolo realizzatosi quasi cinque miliardi di anni fa e che si realizza in noi incessantemente, producendo la Legge e cancellando il Caos, producendo vita e resistendo all’inerzia della morte. L’opera di Pausig rappresenta quest’essenza profonda, e lo fa con grazia e con una speciale vocazione estetica: anche laddove le sue figure potrebbero apparire come una coltissima citazione di certo decorativismo klimtiamo, ci accorgiamo invece che esse hanno una cifra stilistica assolutamente propria e originale: le figure rompono ogni schema decorativo, si muovono sempre, fremono, non si fermano mai. Il Movimento è la loro essenza. E anche le loro consistenze, spesso diafane, trasparenti grazie alla sapienza delle velature pittoriche ci comunicano la perenne trasformazione cui sono soggette che è insieme causa di meraviglia e di dramma: il dramma della lotta incipiente della forma che prende il sopravvento sul disordine. V’è una grande sapienza nell’uso delle figure vegetali nella tradizione pittorica musulmana ed ebraica: perché in esse vi è assai più della decorazione. V’è l’iscrizione di un’idea filosofica e teologica: il rispecchiamento, nell’immagine artistica, della Vita del Tutto. Le figure spiraliformi e tondeggianti, presenti in gran parte delle raffigurazioni orientali, simboleggiano l’idea della continuità della vita che rinasce dalla morte: esse realizzano l’immagine dell’infinità stessa della vita che nasce e muore, creando un perenne collegamento di tutte le creature tra loro; rappresentano in ogni contesto – dal tessuto alla maiolica alla pittura muraria o su legno - il Molteplice manifestamente presente nel mondo naturale, ma riconducibile a quella divina Unità che è poi il senso stesso del creato. Ed è con questo spirito esoterico, profondo, mistericamente sapiente, che l’artista richiama nelle sue opere la cultura dell’Arabesque, figura nella quale la stessa forza motrice dell’universo si nasconde: questa forza è ciò che i miti tradizionali chiamano Dio, movimento originario e inestinguibile creatore della vita che anima il mondo. “L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile” affermava Paul Klee. E l’arte di Pausig riesce in quest’impresa in cui solo la vera arte riesce: trasmettere, all’immaginazione di chi guarda, la rappresentazione dell’essenza della vita, quella vita di cui, anche chi guarda è partecipe biologico. Ed è negli occhi di chi guarda che si chiude - per riavviarsi senza soluzione di continuità in un circuito di estetica perfezione - il ciclo stesso della vita.

 

Anna Li Vigni

 

 

The Spirals of Everything

 

The life you're living is not just an isolated piece of the entire life, but in a sense it is the Whole; it is only made in a way that makes not possible to be embraced it in a single glance. This is, as we know, what the Brahmins say in that sacred and mystic formula which is yet really so simple and clear: tat tvam asi, "that's you" Or, again, in such words as: "I am on the East and West, I am above and below, I am this entire world". With these words, Erwin Schrödinger, the father of quantum mechanics, one of the sharpest theoretical physicists of 19the century, identified, in an illuminating essay on the topic of What is life? (1944), the innermost sense of the existence of things in that code of rules genetically programmed in each molecule of the living. And it is thanks to this code transmitted by the evolution that the molecule resists the inertia required of the chaos that surrounds it, that is death: thanks to it, the molecule joins with other molecules to form a set of ordered life. It was due to this "internal write" that every living particle itself contains the order of the Whole. In stating this, Schroedinger reconnected to the theories of the One and the Many , shared by various cultures such as the ancient Indian philosophical and Neoplatonism. The painting of Sergio Pausig, not unlike the words of Schroedinger but with a visual language full of imaginative wonder, leads us directly to the threshold of the source of Life and Everything. Artistic creation is, in fact, a miracle that can make us guess and let us imagine things that do not know or do not contemplate directly. In a suspended atmosphere, without time, a time that is not yet neither past nor future because it is the time of creation (i.e. Origin), the figures hint at moving away from the background to meet their existence. They pulsate on colored but suffused backgrounds, as in perpetual dawn of life that has just arisen and expects the shape of the figures to be defined and fulfilled completely. We understand how the many figures that appear in the plants shaped paintings of Pausig are waiting that their metamorphosis, one that has been determined, which was written in the book of life ab origine for you and only for you , so that the Order resists in her to Chaos. There is thus an organic microcosm looking at the paintings of Pausig, which calls for the existence of all: as is the case in the Tree of Life, imaginative diptych which return to a theme dear to the millennial Jewish culture, the Universe and its laws also triumph in the human intellect able to understand them and to represent them. It could be argued, with a provocation, that Pausig is a landscape architect, except that he is not representing known landscapes, but very archaic landscapes. The landscapes of Pausig, in fact, read the reality of an original world, yet devoid of logocentric vision of Man; they see the microscopic reality of raising life, tell the origin of things, they communicate the excitement of witnessing the miracle of the existence and which is repeated in us at every moment; since we are made of that same miracle, materialized almost five billion years ago and that is realized in us incessantly, producing the Law and erasing the Chaos, producing life and resisting the inertia of death. The work of Pausig express this deep essence, and it does so with grace and a special aesthetic vocation: even if his figures might look like a cultured quote of a sort of Klimt decorative style, we find instead that they have an absolutely original style; figures break any decorative scheme, always move, quiver, never stop. The Movement is their essence. And also their amounts, often diaphanous and transparent thanks to the wisdom of clouds paintings tell us the perpetual transformation under which it is both, a cause of wonder and drama: the drama of the incipient fight of form that takes over the disorder. There is great wisdom in the use of vegetable figures in the Muslim and Jewish painting tradition, because in them there is much more than decoration. There is the inclusion of philosophical and theological idea: the reflection, in the artistic image, of the Life of All. The spiral and round figures, present in most of eastern depictions, symbolize the idea of the continuity of life reviving from death: they carry the image of the infinity of life itself that born and dies, creating a permanent connection of all creatures among them; represent in any context - from the fabric to the tiled wall or painting on wood - the Many manifestly present in the natural world , but due to the divine Unity which is the very meaning of creation. And it is with this esoteric, deep, and mysteriously wise spirit, that the artist draws in his works the culture of Arabesque, a figure in which the power of the universe is hidden: this force is what the traditional myths call God, original motion and unquenchable creator of life that animates the world. <<Art does not repeat visible things, but makes visible>> Paul Klee said. And the art of Pausig succeeds in this undertaking only possible for true art: transmitting, to the imagination of the beholder, the representation of the essence of life, the life of which the beholder also biologically participates. And it is in the eye of the beholder that closes - to restart without interruption in a circuit of aesthetic perfection - the cycle of life itself.

 

Anna Li Vigni